Il primo romanzo d’amore di Charlotte Brontë

Il professore di Charlotte Brontë racconta del legame sentimentale tra un professore e la sua allieva, ma soffre di molte “sfumature mancate”. È un romanzo d’amore tiepido.

Il professore di Charlotte Brontë: trama

William Crimsworth è orfano e si scontra con i tutori che vorrebbero intraprendesse la carriera ecclesiastica. Va a lavorare nell'azienda del fratello, ma i rapporti sono ostili. Dalla terra di Albione è costretto a trasferirsi a Bruxelles, dove trova un impiego come insegnante. La direttrice dell'istituto lo corteggia con malizia. Ma alle sue studiate seduzioni, il giovane professore preferisce la timidezza di un'allieva coscienziosa e attenta.

Un romanzo poco conosciuto

Ho visto il titolo far capolino da uno scaffale basso in libreria. La mia curiosità si è accesa. Scritto nel 1846, Il professore di Charlotte Brontë non è certo la prima opera che ti viene in mente quando cerchi un romanzo d’amore dell’epoca vittoriana. A quei tempi gli editori non se lo sono filato proprio. Venne pubblicato postumo, nel 1857.

Il protagonista

Sulla copertina della Fazi Editore figura l’immagine di un giovane dallo sguardo non troppo sveglio. Si appoggia mollemente a una seggiola di legno, lo sguardo smarrito tra le complicazioni della vita. È così William Crimsworth, in fatto di donne e sentimenti. Ben lontano dall'aura di studiosi dal discorso mellifluo e ipnotico, distante anche dalla serietà di altri, colti, integerrimi, con i capelli fumé o una rosea mancanza alla sommità della loro persona.

Lo contraddistinguono giovinezza e rigidità. Appena passati i vent'anni, resta puntigliosamente disarmato di fronte ai favori di due donne. Nel pieno dell’ardore giovanile disdegna la bellezza che si accompagna al gioco malizioso. Sembra preferire un’accorata morigeratezza, una quieta pudicizia, il pallido rossore di un interesse più intellettuale che appassionato.

Del resto al Crimsworth mal si attaglia la parte del professore. È ancora un cucciolo di uomo per le più audaci e affascinanti delle sue studentesse. Avvezze più di lui ai segreti dell’attrazione, lo smontano al primo sguardo e iniziano a tiranneggiarlo con risolini e battute ammiccanti. Lui ostenta austerità, ma non solo per dedizione al ruolo che ricopre. Disprezza autenticamente ogni guizzo della sensualità femminile.

Nell'aprire Il professore di Charlotte Brontë alla prima pagina non conviene aspettarsi profondi turbamenti, fremiti ansiosi, languori insopprimibili, tumultuosi brividi da romanzo d’amore vibrante. È più saggio prepararsi a seguire le peripezie di un giovanotto assennato che desidera prendere moglie. Val comunque la pena leggere il primo romanzo di Charlotte Brontë. Quando un’opera minore ci fa gli occhi dolci, tentare il flirt è sempre un bene.

Contesto. Charlotte Brontë tra vita e finzione.

Quella del Professore di Charlotte Brontë (Thornton, 21 aprile 1816 – Haworth, 31 marzo 1855) non è la storia di un capolavoro. Scritto nel 1846, rifiutato dagli editori e pubblicato postumo nel 1957, The Professor è intessuto di spunti autobiografici. Come Frances Henri, la scrittrice era andata a studiare le lingue a Bruxelles, presso il Pensionato Héger, nel 1842. Dopo essere rientrata in Inghilterra per la morte della zia, l’anno successivo venne accolta dall'istituto nel ruolo di insegnante. Nel 1844 tentò di aprire una scuola, come fanno con successo i coniugi Crimsworth, ma la realtà fu meno benevola della finzione e l’iniziativa della Brontë fallì.

L'amore di Charlotte Brontë

Non è tanto il percorso di studi o quello professionale che si riflettono nelle pagine del suo primo romanzo. Spesso capita che un luogo ci sia particolarmente caro per le relazioni che là abbiamo allacciato e approfondito. Così accade alla giovane Charlotte, che si compiace e soffre dell’affetto platonico per il direttore della scuola. Forse perché il suo amore reale non è stato appagato, nel romanzo la Brontë schernisce gli struggimenti del desiderio in favore di una visione del mondo che sembra recare l’impronta del protestantesimo.

William Crimsworth esalta la religione protestante. La contrappone al cattolicesimo che gli pare accenda la malizia delle studentesse di Bruxelles. Non so se qui si possa ravvisare dell’ironia. Non ho colto ammiccamenti.
Nella breve prefazione del 1850 riportata da Fazi Editore, la Brontë scrive:

«Mi dicevo che il mio protagonista doveva farsi strada nella vita come avevo visto fare agli uomini nella realtà, che non doveva avere in tasca neppure uno scellino che non si fosse guadagnato da solo, che nessuna circostanza improvvisa l’avrebbe elevato d’un tratto alla ricchezza e a una posizione di prestigio, che in ogni caso si sarebbe guadagnato col sudore della fronte qualsiasi forma di sussistenza, [...] e non avrebbe sposato una donna bella, ricca o di una certo rango».

(Charlotte Brontë, Prefazione, in Il professore, Fazi Editore, 2016, p. 7)

Il realismo del primo romanzo di Charlotte Brontë

Il romanzo è strutturato e cesellato sulle tinte scomode del realismo. La voce narrante è maschile, unico caso nella produzione letteraria di Charlotte Brontë: in prima persona William Crimsworth racconta la sua storia. È interessante il gioco del ribaltamento di prospettiva, da quella femminile autobiografica, a quella maschile di un personaggio della finzione. Alla base, forse, si può individuare il tema immenso del legame tra il vissuto e la scrittura.

Citazioni.

Ma, pensavo, mentre la Divinità dell'Amore, l'amico di tutto ciò che esiste, avrebbe sorriso soddisfatto se io mi fossi predisposto alla lotta e mi fossi avviato su quell'aspra salita, dall'altra parte ogni propensione per il declivio vellutato avrebbe acceso un bagliore di vittoria negli occhi di colui che odia gli uomini, che sfida Dio: il demonio. 

(Charlotte Brontë, Il professore, cit., p. 211)

Il primo romanzo d'amore di Charlotte Brontë

Traevo un piacere puramente materiale dal contemplare la limpidezza degli occhi castani, il candore della pelle sottile, la purezza dei denti regolari, le proporzioni delle forme delicate; e a quel piacere non avrei saputo rinunciare. A quanto pare anch'io ero un gaudente, alla mia maniera tiepida e scrupolosa.

(Ivi, p. 255) 

[...] perché ora mi si riaccostava l'ipocondria? 
La respinsi come si fa con una concubina temuta ed esangue, che viene a esacerbare il cuore di un marito contro la sua giovane sposa. Ma fu cosa vana, perché lei continuò a dominarmi per quella notte, il giorno successivo e per altri otto giorni.

(Ivi, p. 257) 

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