Magie dello specchio di Haruki Murakami

La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami racconta di solitudini e sguardi che si incontrano. Gioca i suoi tiri l'amore, con i suoi suggerimenti impossibili.

Trama

La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami segue le vie tortuose dell'amore. Sumire ha ventidue anni. Myū ne ha diciassette di più e gestisce insieme al marito una grande azienda. Le due donne si incontrano a un matrimonio. Nasce tra loro una buona intesa. Sumire scopre il desiderio quando Myū le passa la mano tra i capelli. La voce narrante che racconta la storia è quella di un giovane insegnante senza nome, a sua volta innamorato di Sumire.

La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami

Il fantastico di Haruki Murakami: lo specchio e il fumo

Qual è la differenza tra segno e simbolo? Così Myū domanda a Sumire al loro primo incontro. Cerca qualche abilità che giustifichi l’idea di farla lavorare per sé. Sumire non dice molto per mettersi in buona luce. L’inglese è così così. Il computer lo usa solo per scrivere. La guida non è il suo forte. Ma parla bene lo spagnolo, è puntuale, legge molto e non guarda la televisione. Gli accordi sono presto presi e l’esistenza di Sumire cambia direzione e colori. Dai calzini spagliati e i capelli in disordine passa a un trucco leggero e abiti eleganti, ma non vistosi. Abbandona la sveglia a mezzogiorno e le notti di veglia. Inizia a prendere la metropolitana alle dieci, dopo l’orario di punta, dorme di gusto dalle undici di sera.

La ragazza dello sputnik è il primo libro che leggo di Haruki Murakami. La sua scrittura riflette l’idea che ho degli interni giapponesi: spazi ben organizzati, leggerezza dei materiali, semplicità geometrica, complessità dell’insieme. Sono le mie suggestioni sull'architettura giapponese. Il filo narrativo germoglia a tratti in particolari del quotidiano in equilibrio con l’interiorità dei personaggi.

Myū gioca a squash. Murakami lo racconta nelle prime pagine. Al ristorante lascia la racchetta sulla sedia mentre aspetta Sumire. Mi ha colpita il dettaglio dello squash, uno sport non così popolare. Sul sito italiano dedicato si stima che nel mondo giochino a squash diciassette milioni di persone e i campi siano cinquantamila, ovvero ci sarebbero trecentoquaranta giocatori per campo.

Non so se nella struttura che ho frequentato per un paio d’anni gli amatori arrivassero alle tre centinaia. Si tratta di uno sport che richiede velocità. Si perde molta acqua e le ginocchia sono costantemente sollecitate dagli scatti in tutte le direzioni. Io non sono veloce, ma ho una buona leva. Così sono stata una giocatrice mediocre, ma non scarsa, perché davo velocità e buona altezza alla pallina. Come Sumire immagina Myū che si fa la doccia in palestra con una saponetta profumata, io la vedo mentre corre leggera a recuperare la pallina colpo dopo colpo.

Il viaggio che le due protagoniste fanno insieme è deciso all’ultimo momento e le vede piroettare come palline da squash da una città all’altra, in Italia e in Francia. Infine, l’imprevista vacanza nel cottage di un ricco signore inglese. Nella descrizione dell’isoletta greca Murakami fa entrare tutta la luce del sole estivo. L’ambientazione e la vicenda ammiccano quasi al fantastico, ma la realtà rimane, con i pesi sganciati, e un’atmosfera che via via pare svuotarsi dell’ossigeno vitale.

Lentamente la scrittura penetra nell’anfratto della scissione. Un episodio del passato di Myū individua il contrapporsi tra «questa parte» e l’«altra parte», due dimensioni divise da uno specchio. Ecco l’oggetto magico che suggella l’intesa con il mondo del fantastico. Nel suo Il fascino discreto dell’orrore Aldo Carotenuto scrive che fu Lewis Carrol a legare indissolubilmente lo specchio all’immaginario, con il seguito di Alice nel paese delle meraviglie, Throught the looking glass. Ma come si fa ad andare dall’altra parte, si domanda il narratore.

E l’assenza è un segno o un simbolo? Qual è il suo significato? Quanto può aver senso o essere assurda un’assenza? L’«altra parte» è là, vicina e lontana, priva di luogo e definizione, presente e in fuga, veloce a balenare allo sguardo e a dileguarsi «come fumo».   

Fumo - La ragazza dello Sputnik di Haruki Murakami

Citazioni

Era svanito come fumo. Dissero tutti che il gatto doveva essere sceso dall'albero durante la notte e andato da qualche parte a giocare. Capita spesso che i gatti, quando sono eccitati, salgano sugli alberi senza difficoltà, ma che poi guardando in basso abbiano paura e non riescano più a scendere. Dissero che se fosse stato ancora sull'albero avrebbe miagolato disperatamente per farci sapere che era lassù. Ma io non lo credevo. Pensavo che il gatto fosse attaccato a un ramo, troppo spaventato perfino per miagolare. Perciò il giorno dopo, al ritorno da scuola, andai a sedermi sulla veranda e, lo sguardo rivolto verso il pino, ogni tanto lo chiamavo per nome. Ma non c'era risposta. Dopo una settimana, mi rassegnai anch'io. Per me, affezionata com'ero al gattino, fu un'esperienza terribilmente triste.

Haruki Murakami, La ragazza dello Sputnik, 2013, Einaudi, Torino, pp. 110 - 111.

Mi fermai e mi voltai indietro. Il sentiero, come la scia biancastra lasciata da un gigantesco insetto, proseguiva fino al paese. Alzai lo sguardo verso la luna, poi istintivamente mi guardai le mani, illuminate dalla sua luce. E di colpo ebbi la netta percezione che quelle non fossero più le mie. Non so spiegare perché, ma mi bastò un'occhiata per capirlo. Le mie mani non erano più le mie, e i miei piedi non erano più i miei.

Ivi, pp. 176 - 177.

Guardando il cielo dall'alto della montagna, la luna appariva incredibilmente vicina, e priva di grazia. Una grossolana sfera di pietra, la cui pelle era corrosa dall'impietoso scorrere del tempo. Le ombre sinistre dalle forme più varie che ne ricoprivano la superficie erano le cellule cieche di un cancro che allungava i suoi tentacoli verso il tepore della vita.

Ivi, p. 179.

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